Gay, diritti e giornalai *.

Human-Has-RightsRiporto un piccolo brano tratto da un articolo apparso il 28.10.2014 sulla solita Repubblica.it:

Il blog di Beppe Grillo pubblica i risultati della consultazione sul quesito: “Sei favorevole all’introduzione nel nostro ordinamento giuridico delle unioni civili fra persone dello stesso sesso?”. Vince di misura il Sì. “Hanno partecipato alla votazione 25.268 iscritti certificati. 21.360 hanno votato sì. 3.908 hanno votato no. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato”, si legge nella home page del blog.

Allora, premetto che ne ho le scatole piene del fatto che in Italia e nel mondo gli unici diritti per i quali i media sembrano spellarsi le mani, sono quelli degli omosessuali. Per carità, è giusto che in uno Stato sedicente laico, venga loro riconosciuto il diritto di unirsi in matrimonio (civile) valido a tutti gli effetti, però pare che per tutto il resto, accidenti ehi, va tutto bene !

Lo so che è il solito discorso da vecchi, lo dice Renzi (gggiovane in Volo per antonomasia), l’ha detto persino il guru-Saviano: “Come sei vecchia
 sinistra radicale” (1), ma cari miei è evidente che ancora esiste chi presta o meglio vende il proprio lavoro, se è vero che dopo i diritti dei gay l’altro argomento principe è togliere definitivamente l’art. 18 dallo Statuto dei Lavoratori. Come se i gay non lavorassero. Evidentemente quella parte della loro vita poco importa, giusto ?Forse non dovrei nemmeno battere troppo su questa particolarità altrimenti mi esce uno Scalfarotto che proporrà condizioni eque per lavoratori gay e ciccia a tutti gli etero come ha già fatto presagire riguardo le unioni civili.

Dopo il mio solito dilungare tra premesse e parentesi, torno al nodo forse meno interessante, ma tant’è.
Che significa vincere di misura ?
Il dizionario italiano di WordReference (2) assicura: Vincere di (stretta) misura, col minimo vantaggio e con notevole difficoltà.
Forse io non conosco più i numeri oppure ho perso il proverbiale senso della misura però, cacchio, l’han scritto anche loro e qui ripeto: 25.268 iscritti certificati. 21.360 hanno votato sì. 3.908 hanno votato no.

Chiaramente una stupidata sia la loro che la mia per averlo sottolineato, però queste personcine si presentano a noi come dei serissimi giornalisti. Succede anche a me, non voglio dire, però almeno io davvero non sono nessuno.
Tra l’altro poi parlano anche di massiccio consenso per cui ti viene in mente che se non è malafede, non rileggono mai le bozze prima di metterle online.

Però io penso spesso che una stupidata qui, una cazzata là, una omissione quaggiù. Le parole cambiano di significato e magari rimane impresso solo quello che deve in una mente già orientata e fidelizzata.
No, niente gomblotti di genere per carità, però “tomo tomo, cacchio cacchio” come diceva il buon Totò, uno ce prova.

Oltretutto che si sa, Repubblica è tutt’altro che allineata al Movimento 5 Stelle, anzi direi piuttosto genuflessa al Partito Democratico al quale perdona le stesse cose che ancora un po’ di mesi fa rimproverava il “Cavaliere” ed il suo partito personale. Anzi a volte le sostiene addirittura con un certo orgoglio.

Tocca però al Fatto Quotidiano puntualizzare, in un momento di lucidità, riportare che dal sondaggio sul sito di Grillo, scompare misteriosamente il quesito sulle adozioni gay. Un passo, diciamo, avanti e due indietro ?
Perché poi non è mica facile mettere d’accordo una platea così eterogenea come quella degli elettori grillini eh !? “Furbaccio di un Beppe Grillo” – mi vien da pensare.

 

P.S. intanto la scorsa notte tra sabato e domenica, è tornata come di consueto l’ora solare. Potremo dormire 90 anni di più.

 

Note:

(1) l’ha scritto su l’Espresso in una rubrica che richiama quella che fu di Giorgio Bocca. L’antitaliano. Saviano, nemmeno un po’ di fantasia e nemmeno il coraggio di utilizzare un titolo più appropriato tipo: Italiagggiovane;
(2) lo consiglio come dizionario online di inglese, ricco di locuzioni ed interventi da parte degli iscritti.

 

(*) POSTILLA:
Mi è stato fatto giustamente notare che l’uso del termine “giornalai” può risultare offensivo per la categoria degli edicolanti. In effetti spesso è usato, soprattutto dagli stessi giornalisti, come indicatore di una categoria apparentemente inferiore con quella dei giornalisti stessi che in effetti non hanno nulla a che vedere. Nel mio caso non c’è assolutamente intenzione di svilire questa categoria certamente dignitosa e necessaria, infatti l’utilizzo della parola deriva solo dal voler indicare “coloro che vendono dei giornali”, caratteristica che non dovrebbe assolutamente far parte di chi su quei giornali dovrebbe scrivere dei fatti il più possibile liberi da influenze di questo o quel gruppo editoriale e del potere che spesso si cela alle sue spalle.

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